Oggi lo conosciamo tutti come uno dei principali player nel settore di streaming video on demand ma le origini di Netflix (NFLX) risalgono al secolo scorso quando il suo core business era l’affitto di DVD via posta.

Fondata il 29 agosto 1997 a Scotts Valley, in California, Netflix ha da poco compiuto 20 anni. Come detto, dopo una fase iniziale in cui il business era incentrato sui DVD, Netflix ha iniziato ad orientarsi verso lo streaming online di contenuti video nel 2007 e da allora è diventato il principale fornitore mondiale di streaming video on demand.

La base clienti continua ad aumentare…

Solo per citare qualche numero, a giugno 2017, Netflix aveva 104 milioni di abbonati in streaming, di cui 52 milioni situati al di fuori degli Stati Uniti. La società ha iniziato la sua espansione internazionale nel 2010, quando aveva 19,5 milioni di clienti domestici. Nel secondo trimestre del 2017, gli abbonati internazionali hanno superato per la prima volta gli abbonati statunitensi.

Fonte: www.statista.com

…ed anche il prezzo in Borsa

Sbarcata sul mercato azionario nel 2002, quando era solo un servizio di posta elettronica con 600.000 abbonati,  il prezzo delle azioni Netflix è esploso dopo che la società ha deciso di concentrarsi sullo streaming online nel 2011. Attualmente la società è valutata 78 miliardi di dollari.

Fonte: www.morningstar.com

Valutare Netflix secondo i metodi tradizionali come ad esempio quello del Discounted Cash Flow, risulta molto difficile, sia per la peculiarità del business sia per la fase del ciclo di vita in cui si trova l’azienda e che richiederebbe assunzioni di lungo periodo sui flussi di cassa.

In questo post, vorremmo invece cercare di comprendere meglio le prospettive del business model e la coerenza o meno delle valutazioni attuali in relazione alle potenzialità della società.

Record di ricavi e di cassa “bruciata”.

Nel secondo quarter del 2017 concluso lo scorso Giugno, Netflix ha continuato a presentare risultati contrastanti. Da un lato la crescita degli abbonati e dei ricavi ha sorpreso e battuto le stime degli analisti. Sotto il profilo della generazione di cassa invece, la società ha presentato ancora una volta un Free Cash Flow negativo (circa 600 Mln di dollari).

Fonte: Internet

I sostenitori del titolo considerano la crescita dimensionale, soprattutto nei mercati internazionali, come il fattore più importante a sostegno della “storia” di investimento e delle quotazioni attuali delle azioni. I flussi di cassa negativi sono solo la naturale conseguenza degli investimenti che la società, in questa fase del ciclo di vita, deve impiegare per sostenere i tassi di crescita.

Qualcuno tuttavia avanza dubbi, non tanto sulla qualità del servizio di Netflix, ma sulla sostenibilità del business model e dei prezzi attuali di Borsa.

Cerchiamo quindi di comprendere meglio il modello di business della società di Scotts Valley.

Se siete un cliente Netflix, con un abbonamento mensile a partire da 7,99 euro, potete comodamente guardare film e serie tv ovunque vi troviate, purchè abbiate a disposizione una connessione internet. Da un punto di vista dei contenuti potrete scegliere tra serie tv del passato oppure serie originali prodotte e trasmesse in esclusiva da Netflix. Per alcuni contenuti quindi, i diritti vengono acquistati da chi produce le serie o le ha prodotte. Di recente poi, Netflix ha deciso di produrre direttamente alcuni contenuti. La scelta tra acquistare contenuti e produrli direttamente è strategicamente rilevante. Nel primo caso probabilmente i costi sono minori, ma vi è un minore controllo dei contenuti in relazione anche alle preferenze dei consumatori. Nel secondo caso, Netflix può decidere qualsiasi dettaglio nella produzione del contenuto per andare incontro alle preferenze dei consumatori, a fronte tuttavia di investimenti molto più ingenti. Diventa quindi cruciale la selezione dei contenuti da produrre per massimizzare il ritorno sull’investimento. A questo proposito è interessante capire con quali metriche la società misura il ritorno sull’investimento di una serie o un film proposto ai suoi abbonati. Di recente, il CPO (Chief Product Officer ) di Netflix ha dichiarato che la metrica principale che l’azienda utilizza per giudicare il successo è rappresentata dalle “V alued hours”. In sintesi il concetto è il seguente: non sono tanto importanti le ore totali che ciascun abbonato trascorre su Netflix ma la quota di quelle passate su un singolo contenuto rispetto al totale. In altre parole, se un abbonato paga ogni mese il proprio abbonamento per guardare un solo contenuto, allora quel contenuto deve essere davvero importante per lui, e di conseguenza per Netflix, che senza quel film o quella serie probabilmente perderebbe l’abbonato.

L’analisi di queste metriche e dei big data raccolti dai propri abbonati, consentono a Netflix di mettere a punto strategie su misura per la realizzazione dei contenuti; tuttavia questo non elimina il rischio per la società di produrre serie il cui costo non è sostenibile in relazione al numero di utenti che pagano per vederle. Pare infatti che Netflix abbia preso la decisione di chiuedere alcune serie autoprodotte, che seppur di grande successo tra una nicchia del proprio audience, avevano costi che non garantivano un ritorno adeguato.

Il Vantaggio competitivo giustifica le valutazioni di Borsa?

Per rispondere alla domanda dobbiamo innanzitutto partire da quelle che sono le valutazioni attuali di Netflix.

Fonte: www.simplywall.st

Si tratta ovviamente di indici calcolati sulla base dei dati attuali di Netflix e non di quelli prospettici, legati alla futura crescita dell’azienda. Tuttavia, con un P/E superiore a 200(!) siamo portati a pensare che il prezzo sconti gli scenari più ottimistici in termini di crescita di utili e flussi di cassa.

A tal proposito risulta difficile anche simulare utili e flussi di cassa futuri dell’azienda; non solo in relazione alle prospettive del business model ma anche con riferimento al trattamento contabile degli investimenti in nuovi contenuti da parte della società. Netflix dichiara di iscrivere a bilancio tra i propri Assets il costo per la produzione di nuove serie o per l’acquisto dei diritti. Contemporaneamente una parte di questi costi è imputata nel conto economico sotto forma di ammortamento. I criteri con cui sono determinate le percentuali di ammortamento dovrebbero riflettere la vita utile dell’asset, ma come abbiamo detto prima, è piuttosto difficile per Netflix individuare con chiarezza il contributo di ciascuna serie sulla fidelizzazione del cliente. Ne deriva quindi un problema di valutazione di bilancio che in parole povere si traduce nella semplice domanda “ma il valore degli assets iscritti a bilancio riflette il loro vero valore intrinseco oppure no?”.

La risposta a questa domanda, tutt’altro che semplice e scontata, è uno degli elementi chiave per la valutazione della società.

L’altro punto di fondamentale importanza è la valutazione del vantaggio competitivo, al fine di comprendere se esso sia sostenibile e in grado di generare un rendimento superiore al costo del capitale nel lungo periodo.

Su questo punto la nostra opinione è che il “castello” Netflix sia difeso da un “fossato” (moat) non sufficientemente esteso.

Sicuramente Netflix gode del vantaggio del “first mover” ma questa non è una condizione sufficiente di per sé a garantire il successo. Basti pensare a MySpace che nel 2006 era il quarto sito più visitato al mondo ed è successivamente stato praticamente surclassato da Facebook (FB). La stessa cosa potrebbe accadere a Neflix, se pensiamo che i competitor si stanno facendo sempre più agguerriti (anche Amazon di recente ha lanciato la propria sfida a Netflix).

Inoltre, la società non ha una tecnologia definitivamente superiore. Altre aziende non hanno bisogno dei suoi algoritmi o della sua piattaforma per distribuire i contenuti e ne stanno replicando velocemente il business model. Basta guardare a Hulu e BAMtech, di cui Disney (DIS) ha acquistato una quota importante.

Netflix ha sicuramente a disposizione una base dati più ampia rispetto ai competitor per impostare le strategie di selezione dei contenuti da offrire, ma i competitor stanno recuperando abbastanza velocemente. Disney ad esempio utilizza l’intelligenza artificiale per tenere traccia delle reazioni del pubblico nei cinema e potrà utilizzare tali dati per entrare ancor di più in “connessione” con i propri clienti.

In conclusione, anche se ci piace Netflix come azienda da un punto vista di utenti, ci pare che le valutazioni attuali in borsa siano troppo elevate. Riteniamo che scontino scenari eccessivamente ottimistici circa la crescita futura di utili e flussi di cassa e non tengano in considerazione alcuni rischi relativi al business model e al vantaggio competitivo che potrebbe essere messo sotto pressione dall’avvento di competitor sempre più agguerriti.

Alla prossima!

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