Supreme, un unicorno il cui mercato secondario vale quasi quanto il mercato principale

Dopo le incursioni nelle piattaforme online di abbigliamento (Yoox Net-A-PorterYNAP – e ASOSASC) e nell’acquisto delle borse di lusso come forma di investimento (la Classic Flap Bag di Chanel), BullsandBears.it torna a parlare di moda affrontando l’incredibile successo del marchio Supreme e le peculiarità dei suoi mercati di riferimento.

Il marchio Supreme è al top tra i giovanissimi patiti del settore dello streetwear

 

Perché investire nell’unicorno Supreme quando il suo mercato secondario è – probabilmente – più prezioso del mercato principale?

Il fatto

La scorsa settimana il gruppo di private equity Carlyle (CG) ha acquistato una quota prossima al 50% di Supreme – uno dei marchi di streetwear più cool del momento – per 500 milioni di dollari, valorizzandola oltre 1 miliardo di dollari.

Questi valori la rendono la più importante marca di streetwear non quotata. Le fonti di settore dicono che Supreme sviluppa un EBITDA pari a circa 100 milioni di dollari e, sebbene i ricavi non siano noti, potrebbero posizionarsi tra 150 e 300 milioni di dollari.

Bisogna comunque prendere questi numeri con le pinze, poiché su questi dati girano molte stime ufficiose e Supreme non ha interesse a diffondere queste informazioni. C’è chi pensa che tale segretezza non potrà impedire al marchio di crescere, facendogli perdere quell’aurea di coolness di cui è ammantato.

La domanda

Alla luce dell’acquisto e della valutazione data da Carlyle, si pone una domanda: a quanto ammonta il potenziale upside di valore del marchio catturabile dagli investitori? La questione è lecita se si considera che Supreme si basa su prezzi al dettaglio contenuti ed elevata scarsità del prodotto.

Il marchio Supreme è ad oggi il più cool nel panorama dello streetwear di lusso a livello mondiale

Ragazzi in fila fuori da un negozio Supreme, in attesa del nuovo drop (lancio di un nuovo prodotto). Fonte: Internet

Ciò significa che buona parte del valore dei prodotti del marchio risiede nel mercato secondario, dal quale Supreme non “spreme” nemmeno un centesimo.

Molti brand della moda utilizzano elevati prezzi al dettaglio e un inventario limitato per mantenere l’interesse alto, una bassa accessibilità e margini commerciali al top (Hermès, con la borsa Birkin, ne è un esempio).

La “formula” vincente può rivelarsi un boomerang?

Invece Supreme utilizza una formula simile ma diversa. I suoi prodotti sono direttamente accessibili al dettaglio nelle 11 boutique della società, ma in numero estremamente limitato. Questa estrema scarsità crea un fiorente mercato secondario che fa salire i prezzi a livello di quelli dei beni di lusso.

Una t-shirt bianca col solo logo, venduta a circa 30 dollari nei negozi di proprietà, potrebbe raggiungere una valutazione di centinaia e talvolta anche migliaia di dollari sul mercato secondario.

Sul mercato secondario i prezzi degli articoli Supreme possono essere quotati anche 10 volte quelli del sito ufficiale

Qui le differenze di prezzo tra sito ufficiale e Grailed sono più contenute… Fonte: elaborazione BullsandBears.it dal sito Grailed.com

Il paradosso del mercato secondario è che Supreme non ne ha alcun controllo e a livello finanziario non ottiene nulla da esso, ma rende il brand ciò che è.

Le dimensioni del mercato secondario di Supreme

Per avere un senso della dimensione del mercato secondario, che include sia persone che offrono capi nuovi sia chi rivende prodotti di seconda mano, basta analizzare il sito Grailed, un mercato online di moda maschile di seconda mano in rapida crescita.

Supreme è il numero uno su Grailed in termini di items, con oltre 94.000 prodotti attualmente in stock. Sullo stesso sito il brand di streetwear è più diffuso di Nike (NKE) e Adidas (ADS) messi insieme.

Supreme sembra scalzare Nike e Adidas sul mercato dello streetwear

Fonte: elaborazione BullsandBears.it dal sito Grailed.com

Il prezzo di vendita medio per un prodotto Supreme su Grailed è di 146 dollari, spesso da due a cinque volte il prezzo effettivo di vendita del prodotto nei canali principali. Ciò significa che in questo momento sono presenti quasi 14 milioni di dollari di “valore Supreme” solo su Grailed.

Tenendo conto di questi numeri, il marchio Supreme potrebbe muovere su Grailed circa 75 milioni di dollari ogni anno. Forse altri 30-60 milioni di dollari potrebbero passare attraverso eBay (che dispone attualmente di circa 61.000 pezzi in vendita). Se consideriamo che i fanatici scambiano i prodotti incontrandosi di persona, oltreché su Instagram, è davvero complesso stimare le dimensioni del mercato secondario di Supreme.

In ogni caso, tenendo conto di quanto detto, è probabilmente pari o superiore alle vendite annue stimate tra 150 e 300 milioni di dollari.

Bonus: l’incredibile storia del mercato legal fake pugliese!

Bonus: quando vengono pubblicati tutorial su come risparmiare un paio di secondi per accaparrarsi i pezzi online del drop Supreme… Allora la brand awareness è massima! (si ringrazia Federico C. per la segnalazione)

Cosa si aspetta Carlyle?

Carlyle, tuttavia, ha investito nella società perché confida di catturare la maggior parte del valore generato all’interno dei canali gestiti direttamente dal marchio. Nike, Adidas, Gucci (gruppo Kering – KER) e gli altri marchi controllano direttamente un’ampia parte del valore che creano.

Ma Supreme è diverso, poiché la maggior parte del valore economico che crea non finisce sul suo bilancio.

Questo pone di fronte al brand, e a Carlyle, un interessante dilemma.

Da un lato, Supreme ha bisogno di continuare a crescere per ottenere i ritorni che gli investitori vogliono nell’orizzonte che si aspettano (3-5 anni). Allo stesso tempo ha bisogno di mantenere limitato il numero di suoi prodotti sul mercato affinché Supreme rimanga… Supreme e il mercato secondario continui a crescere, cosa fondamentale per mantenere la notorietà del marchio sugli incredibili livelli raggiunti.

Il piano di crescita nei prossimi anni dovrà essere gestito molto attentamente. Supreme ha creato un nuovo tipo di lusso, guidato da un posizionamento di prezzo gestito e fissato in parte in maniera indiretta.

Certamente il rendimento potenziale, vista l’attuale forza del brand, è elevato, ma Carlyle rischia di assorbirne solo una fetta (oltretutto minoritaria). Il resto potrebbe paradossalmente rimanere sul mercato stesso.

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